Connessioni e complessità Antropocene: sì o no?
Crisi, ma cosa significa? Il rapporto uomo/tecnica
Il tempo Conversione intellettuale ed etica
Compito finale

Il rapporto uomo/tecnica

Leggiamo un brano di Carlo Maria Martini.

Intervento in occasione del convegno “Lavoro, tecnologia, profitto”, tenutosi a Milano, il 20 aprile 1986. Martini intervenne su Lavoro, tecnologia e profitto.

“[…] A questo tendono le mie considerazioni: offrire qualche spunto per un discernimento del fenomeno del lavoro nell’epoca attuale, e alcuni suggerimenti per guidarne le trasformazioni verso forme più sensate.

Il lavoro. Anche per quanto concerne il lavoro la situazione attuale e quella che si profila per il prossimo futuro sono certamente complesse. Ciò non deve però impedire di cercarne un’interpretazione sintetica o, almeno, di distinguere gli aspetti determinanti da quelli in qualche modo derivati anche se non per questo secondari.

A tale proposito penso si riproponga, sia pure in versione differente e per certi aspetti più grave, il medesimo problema che affligge ormai da oltre un secolo non solo l’economia, ma più in generale la nostra civiltà a partire dalla grande industrializzazione. Non a torto questo modo di produzione è stato definito una rivoluzione. L’impiego della macchina ha, infatti, comportato, rispetto alla situazione precedente, un sensibile aumento della produttività da lavoro, ma anche una radicale disarticolazione fra il momento produttivo o del lavoro e quello del consumo e, quindi, del bisogno.

L’economia pre-industriale permetteva, anzi imponeva, un raccordo immediato fra il lavoro e il consumo. L’agricoltore o l’artigiano avevano immediatamente presente il bisogno per cui produrre e a cui subordinare il proprio lavoro. […]

L’introduzione della macchina, invece, separando per esigenze tecnologiche i due momenti, ha reso possibile – un fatto del tutto nuovo nella storia dell’umanità – che non fosse il consumo e, quindi, il bisogno a comandare direttamente l’attività produttiva, ma che fosse quest’ultima ad imporre al primo le proprie esigenze, stravolgendo così l’intrinseca razionalità della struttura economica. […]

Questo, dunque, mi sembra un problema centrale e gravissimo: il sistema produttivo tende a sottrarsi al controllo sociale e a non essere più subordinato ai bisogni elaborati autonomamente dalle istanze culturali che l’industrializzazione. per altro, dissolvendo i riferimenti tradizionali, rende quanto mai labili. Esso stesso, piuttosto, seleziona e plasma i bisogni cui intende provvedere, e in tal modo determina i modelli culturali e la figura antropologica ad essi corrispondente. […]

Rimane intenzionalmente estraneo a tali interessi il bene comune: quel bene, cioè, che realizza in modo eminente la giustizia e le sue esigenze di imparzialità e di universalità”.

Martini, Lavoro, tecnologia e profitto in CMM, Giustizia, etica e politica nella città, pp. 464-66.

 

Una definizione della parola “tecnica”, dall’enciclopedia Treccani.

  1. Insieme delle norme su cui è fondata la pratica di un’arte, di una professione o di una qualsiasi attività, non soltanto manuale ma anche strettamente intellettuale, in quanto vengono applicate e seguite.
  2. In senso astratto e generico, l’insieme di attività pratiche basate su norme acquisite empiricamente, o sulla tradizione, o sull’applicazione di conoscenze scientifiche, che sono o sono state proprie di una data situazione sociale e produttiva, di una data epoca, di una data zona geografica.

 

Leggiamo un testo di Umberto Galimberti, filosofo.

“Con il termine tecnica intendiamo sia l’universo dei mezzi (le tecnologie) che nel loro insieme compongono l’apparato tecnico, sia la razionalità che presiede al loro impiego in termini di funzionalità ed efficienza. […] La tecnica è nata non come espressione dello “spirito umano”, ma come “rimedio” alla sua insufficienza biologica.

Infatti, a differenza dell’animale, l’uomo, per la carenza della sua dotazione istintuale, può vivere solo grazie alla sua azione, che subito approda a quelle procedure tecniche che ritagliano, nell’enigma del mondo, un mondo per l’uomo. […] L’uomo, senza la tecnica, non sarebbe sopravvissuto.

Il primo criterio di leggibilità che va modificato [quando parliamo di tecnica] è quello tradizionale che prevede l’uomo come soggetto e la tecnica come strumento a sua disposizione. Oggi la tecnica è diventata l’ambiente dell’uomo, ciò che lo circonda e lo costituisce secondo le regole della funzionalità e dell’efficienza, e non esita a subordinare alle esigenze dell’apparato tecnico le stesse esigenze dell’uomo. La tecnica infatti è iscritta per intero nella costellazione del dominio, da cui è nata e al cui interno ha potuto svilupparsi solo attraverso rigorose procedure di controllo che non può evitare di essere planetario.

Oggi il mezzo tecnico si è così ingigantito da determinare quel capovolgimento della quantità in qualità che fa la differenza tra la tecnica antica e lo stato attuale della tecnica.

Quando la tecnica aumenta quantitativamente al punto da rendersi disponibile per la realizzazione di qualsiasi fine, allora muta qualitativamente lo scenario, perché non è più il fine a condizionare la rappresentazione, la ricerca, l’acquisizione dei mezzi tecnici, ma sarà la cresciuta disponibilità dei mezzi tecnici a dispiegare il ventaglio di qualsivoglia fine che per loro tramite può essere raggiunto. Così la tecnica da mezzo diventa fine perché tutti gli scopi e i fini che gli uomini si propongono non si lasciano raggiungere se non attraverso la mediazione tecnica.

Se il mezzo tecnico è la condizione necessaria per realizzare qualsiasi fine, il conseguimento del mezzo diventa il vero fine che tutto subordina a sé […]

Il reperimento di un senso traduce il tempo in storia, così come il suo smarrimento dissolve la storia nel fluire insignificante del tempo. Il carattere afinalistico della tecnica, che non si muove in vista di fini ma soltanto di risultati che scaturiscono dalle sue procedure, abolisce qualsiasi orizzonte di senso, determinando così la fine della storia come tempo dotato di senso. Rispetto alla memoria storica, la memoria della tecnica essendo solo procedurale, traduce il passato nell’insignificanza del superato e accorda al futuro il semplice significato di perfezionamento delle procedure”.

Umberto Galimberti, Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica, Feltrinelli, 2000

ATTIVITÀ

Per il secondo anno: si suggerisce un tema argomentativo partendo da questo spunto. “La tecnica ha migliorato la condizione di vita dell’uomo”. Sostieni o confuta questa affermazione avvalendoti dei due testi e del video che hai appena visto.